
La visione dentro un graffio
Un graffito polistrato è un’opera d’arte contemporanea che ha una sua filosofia unica e particolare. Ci ha insegnato Giuseppe Antonello Leone che dentro gli strati sovrapposti di malte colorate alberga l’opera, frutto dell’interpretazione di un artista, di un creativo, di un’anima. Va graffiato via il superfluo per tirare fuori il messaggio che si vuole lasciare impresso nel materiale che si pietrifica per sempre.
Ma graffiare è un processo lungo e delicato, ha bisogno di vari strumenti differenti; devi capire il senso del momento e della materia, il tuo polso, il tuo dito, il tuo occhio. E in un processo lungo e faticoso si può sbagliare. E a volte si sbaglia. Ma qui non puoi aggiungere materiale, puoi solo togliere, e dunque devi per forza reinterpretare il tuo errore e continuare a lavorarci su per correggerlo, per dire la stessa cosa che volevi dire, ma con un modo differente. Non facendo cambiare il senso del tuo messaggio ma, soprattutto, non cambiando idea tu. Mantenendo ferma l’identità del tuo progetto, del tuo percorso.
Mettere gli strati prima di graffiare è una scelta, una scelta di formazione. Si decide prima quale è il disegno che si vuol realizzare, poi si stratificano uno sull’altro i colori che formeranno questo disegno. I colori vanno realizzati, bisogna fare prove, esperimenti, finché si avvicinino il più possibile all’idea che hai in mente per il tuo disegno.
Come quando fai un disegno di vita, pian piano devi stratificare i colori, i materiali. Formarti tentando.
Dopo gli strati di malta si comincia a graffiare. Scegli tu quello che vuoi togliere e che non ti serve; e più sei esperto e hai conoscenza, più sei sicuro che quello che togli col graffio ti porterà al disegno che vuoi far vedere.
È quello che da due anni stiamo portando a Brienza, con amministratori e giovani che ci seguono; il progetto porta un nome forte: “Un graffio di innovazione”.
Ma è anche quello che facciamo da un po’ di tempo su di noi stratificando storie, luoghi, persone e idee di colori diversi, di materia ruvida che pian piano sappiamo che diventerà solida. Costruiamo un disegno in luoghi NON comuni affetti da troppi luoghi comuni. Ci vuole tempo, è vero; graffiare il superfluo non è cosa immediata; si può sbagliare e devi saper correggere mentre continui ad operare.
Poi però, alla fine, il disegno che hai in mente è l’unica tua guida. Non lo vuoi cambiare e cerchi di farlo vedere agli altri così come lo hai pensato. Ci vuole solo pazienza.
E nonostante sia un processo lento, può essere anche innovativo. Perché “innovazione” non può essere solo la corsa a nuove tecnologie ma è soprattutto la capacità di aggiungere qualcosa di nuovo che resti stabile a migliorare il contesto in cui si opera. Semplice (!).
Noi stiamo graffiando, un po’ con tutti gli strumenti adatti, nuovi e vecchi, sugli strati che abbiamo già applicato, un po’ anche con le unghie. Togliamo il superfluo. E forse un disegno chiaro si comincia a intravedere.
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